giovedì 5 gennaio 2012

I Rituali della Morte

di Nannai


La vita degli individui di tutti i popoli sia del Presente che del Passato è da sempre scandita da importanti avvenimenti  che coinvolgono non solo il singolo individuo ma tutto il gruppo a cui questo individuo appartiene. Ogni individuo è qualcosa di unico per il gruppo di cui fa parte e l'accettazione nel gruppo avviene solo dopo che questo ha superato alcune prove. Queste possono coinvolgere attivamente o passivamente l'individuo. Passiva è sicuramente la prova che i nuovi nati, in una popolazione primitiva, devono affrontare per essere accettati dal gruppo. Prima che ciò avvenga, il neonato deve superare il primo anno di vita perchè possa venir accettato sia dai genitori che dal gruppo e solo allora gli verrà assegnato un nome con cui chiamarlo. 
I momenti importanti della vita di un individuo sono la nascita, l'iniziazione all'età adultà, l'unione coniugale e la morte .
Tutti questi momenti sono sempre profondamente segnati da pericoli che possono anche portare alla morte. Così è noto che, in molte tribù del passato,  al momento della pubertà dei ragazzi, quest'ultimi si sottopongano a cerimonie di iniziazione; e una delle più comuni è quella di fingere di ucciderlo per poi riportarlo in vita. 
Una volta rinato gli viene anche assegnato un nuovo nome e con questo nuovo nome verrà chiamato dagli altri appartenenti al gruppo. Questo rito che probabilmente è memoria di antichi rituali in cui il ragazzo doveva affrontare realmente delle prove pericolose si è trasformato in una forma più attenuata in cui la morte è solo simbolica. 
E' opinione di molti che questi fenomeni non  avvengano più nella nostra società occidentale. Questo è vero solo in parte, alcune forme sono andate attenuandosi fino a scomparire ma riti di iniziazione avvengono continuamente in gruppi di fratellanze come la massoneria o nell'inserimento in gruppi religiosi. Anche in questi casi è comune osservare un rituale in cui compare una morte simbolica e subito dopo la rinascita.
Come può, ormai, apparire evidente in tutte queste tappe della vita di un individuo è sempre presente la morte.
Questa parola è ormai tabù nella opulenta e longeva società occidentale. Nella nostra società questo fenomeno è sempre più relegato in luoghi appartati e lontani dalla comunità a cui il defunto apparteneva e spesso lontano anche dalla famiglia.
La morte del corpo fisico rappresenta la vera morte. E' il momento in cui l'individuo lascia realmente la comunità: egli l'abbandona lasciando un vuoto in essa e nei cuori dei suoi componenti. E' dunque, un fenomeno cruciale per la sopravvivenza stessa del gruppo. Quest'ultimo deve quindi porre in atto alcuni rituali per fare sì che esso sopravviva e il defunto percorra la sua strada senza intoppi.
Anche in Sardegna si possono osservare questi fenomeni, in particolare per quanto riguarda i rituali funebri. Per poter parlare di queste usanze sarà utile riportare alcuni esempi relativi a questi riti. Per fare ciò mi voglio avvalere di un saggio di recente pubblicazione della giovane sociologa Stefania Mattana, intitolato "Ritualità della Morte in Barbagia".
 Il saggio si presenta come un ottimo lavoro di raccolta delle testimonianze relative alla morte nella società contemporanea della Sardegna e in particolare della Barbagia. Esso si inserisce tranquillamente tra i migliori studi antropologici  ed etno-sociologici relativi alle usanze e ai riti della Sardegna. Il suo valore aumenta per la recente pubblicazione in quanto mette in evidenza quali usanze e riti continuano a venir mantenuti e quali sono andati perduti.
Della Sardegna si dice che in essa vi si possano trovare delle antiche credenze ancora vive. Non è sempre così, ma forse per quanto riguarda le usanze funebri sembra che sia vero. Il saggio della Mattana riporta fedelmente quali sono i rituali che ancora oggi vengono compiuti nella Sardegna contemporanea.
Quello che più mi ha impressionato è che nei racconti dei testimoni e degli intervistati vengono ricordate figure come S'Accabadora, le Panas, le Rias e le Prefiche.
Tra tutte, le Prefiche sono quelle che mi hanno permesso di richiamare alla memoria letture passate sulle usanze funebri che venivano svolte nell'antico mondo euromediterraneo. 
Il compito delle Prefiche era quello di ricordare solennemente le azioni compiute in vita dal morto attraverso un canto tragico e lamentoso. Dai sardi vengono chiamate "Attitadoras", e come si può leggere nel saggio della Mattana, esse sono come delle "sacerdotesse dell'aldilà che evocano la morte, interagendo con gli elementi infausti e tetri". 
Queste figure erano sempre di sesso femminile, raramente si ricordano uomini, in genere parenti strette del defunto o altre volte semplici vicine di casa. Ad esse si univano le lamentatrici di "professione", chiamate per intonare i loro antichi canti composti da parole in versi che rasentavano la composizione poetica.
Ma ciò che più incuriosisce, e in un certo senso affascina, sono le azioni compiute da queste donne durante il loro triste canto. Ed è,proprio, nel loro agire che si riesce a trovare un filo conduttore con il passato:
"Esse iniziavano sommessamente il loro pianto, in un tono crescente che le portava ad urlare, strammazzare in terra o stare sulle ginocchia, a graffiarsi le guance, strappandosi la chioma, battendosi il petto e lacerando con i denti i fazzoletti con cui si asciugavano le lacrime...."
di Stefania Mattana
Zènìa Editrice
Questo passo, tratto dal saggio della Mattana, richiama alla memoria un ben più famoso pianto. Il lamento di uno degli eroi della Guerra di Troia, Achille piè veloce che si strazia per la morte del suo caro amico e compagno, Patroclo, caduto in battaglia per mano del valoroso Ettore. Come si può leggere nel passo, che riporto qui sotto, numerosi sono i punti di contatto che richiamano alla mente il lamento delle Attitadoras sarde, testimoniando che le azioni compiute da queste donne si sono fossilizzate nel tempo all'interno di un rito che non è mutato nei millenni.


"Mentre che questi pensieri agitava nel sangue e nel cuore,
ecco gli venne vicino il figliulo di Nestore chiaro,
lagrime calde versando, e messaggio parlò di dolore;
Ahimè, figlio di Peleo guerriero, che tristo messaggio 
ascolterai! quale cosa, che no, non doveva accadere!
Patroclo giace atterrato, ed al morto si battono intorno!
nudo! che l'armi Ettore ha, il guerriero dell'elmo ondeggiante.
Disse; e colui del dolore la nuvola nera coperse:
con le due mani egli prese la polvere del focolare,
e sulla veste odorata aderiva la cenere nera.
Esso gigante così nella polvere lungo disteso
tutto giaceva, la chioma strappandosi con le sue mani,
mentre le ancelle che Achille avea prese con Patroclo, in guerra,
tutte dolenti nel cuore strillavano forte, e via, fuori
corsero intorno ad Achile guerriero, e lì tutte con mano 
si percottevano il petto, e si sciolsero a tutte i ginocchi.
D'altra parte versava le lagrime Antiloco, a goccie,
con nelle proprie le mani d'Achille, che muto gemeva;
ch'esso temea non la gola così si tagliasse col ferro."
Iliade, Liber XVII, 15-34.


Il lutto è un altro momento particolare dei riti funebri sia per la famiglia che per la comunità; un momento in cui la comunità matura ed elabora la mancanza della persona scomparsa. Quello che è più impressionante è che, anche, a questo livello si può individuare quello che abbiamo messo in rilievo per il singolo individuo. Nei riti, di cui abbiamo parlato più sopra, abbiamo sempre visto che dopo la morte simbolica dell'individuo questa veniva seguita da una rinascita. Così, anche nel caso della morte fisica, della vera morte che sottrae il proprio caro alla famiglia e alla comunità, nei diversi popoli si è sviluppata la convinzione nell'immortalità dell'individuo oppure nella sua capacità di rinascere in una nuova vita. 
Ed è solo quando tutti i rituali che accompagnano il lutto sono stati compiuti, e che servono alla comunità per elaborare la perdita, solo allora il defunto è veramente libero. Il suo viaggio verso l'altro mondo è andato a buon fine grazie ai riti.




Bibliografia


- Gregory Smyth -Il Cannibalismo. Due esempi amazzonici.- Loescher Editore Torino 1983


- James Frazer - Il Ramo d'Oro - Newton&Compton Editori


- Stefania Mattana -  Ritualità della Morte in Barbagia - Zènìa Editrice di Mario Murru, 2010


- Omero - Iliade. Liber XVII, 15-34



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