di Nannai
Seconda Parte
Ancora, oggi, a Melusina, in
Germania, sono consacrate le fonti d’acqua e le sorgenti. Melusina è anche
diventata la patrona dei bambini nati deformi, in quanto lei stessa madre di
figli deformi. La casata dei Lusignan alla fine scompare estinguendosi nel 1474
con Giacomo III di Lusignano, detto il Postumo. Unico figlio del re di Cipro Giacomo II. La sua
improvvisa scomparsa per febbre malarica aprì le porte di Cipro alle ambizioni
espansionistiche di Venezia sull’isola che si trova lungo la rotta della seta.
La leggenda di Melusina invece continuò a vivere sia nella regione britannica che in quella francese. Qui nella stessa regione in cui avvennero i fatti di Lusignan è stata fondata nel 1881 da Marie de Lusignan l’Ordine cavalleresco di Mèlusina (Ordre Royal de Mélusine) che riunisce à Lusignan (Vienne, Francia) sotto la statua allegorica di Geoffroy la Grand Dent, uno dei figli di Melusina, cavalieri principi e conti e vari altri rappresentanti della nobiltà e persone di spicco della società europea. Tra queste figure è da sottolineare la figura del Conte Alexandre de Bothuri Bathory, ambasciatore plenipotenziario e tesoriere dell’Ordine. In una sua intervista rilasciata a Mark Amaru Pinkham (The Guardians of the Holy Grail) per la presentazione del suo romanzo storico “La Messie”. Alexandre Bathory ricorda la sua appartenenza
all'Ordine di Melusina e discute della sua famiglia d’origine, i Bathorys, antichi governanti della Transilvania. Traccia anche la sua genealogia fino alla lontana parente Erzsébet Bàthory, tristemente nota come la Contessa di sangue e prima serial killer riconosciuta dalla storia. Ricorda tra le altre cose anche l’appartenenza ad un altro ordine cavalleresco, quello dell’Ordine del Dragone. Appartiene inoltre, ai Cavalieri Templari di Lohengrin. La sua intervista risulta interessante non solo perché in essa rivela la sua appartenenza alle famiglie della antica nobiltà europea e alle quali di solito ci si riferisce come le famiglie del Dragone, ma per le sue affermazioni sulle capacità che tutti i veri appartenenti a queste famiglie posseggono. Il suo dono, in particolare, legato ad un modo diverso di vedere gli oggetti e gli eventi ad essi legato si unisce alla sua attività di Curatore e Mercante d’arte antica e religiosa. La capacità di conoscere la storia degli oggetti leggendo nella memoria degli oggetti stessi è nota con il nome di metagnomia (meta- “oltre” e -gnomia “conoscere”) o cryptestèsie. Tra gli oggetti che il Conte Bathory tratta vi sono anche delle reliquie tenute nascoste e le più interessanti sono la testa e il dito di Giovanni il Battista. Queste famiglie, tutte si identificano con l’appartenere all’Ordine del Drago. L’Ordine del Drago (o fraternitas Draconis) venne fondato intorno al 1408 dal re Sigismondo II di Ungheria che divenne poi anche Imperatore del Sacro Romano Impero, con l’intento di circondarsi di suoi fedeli disposti a contenere l’avanzata degli Ottomani in Europa dell’Est e combattere l’eresia hussita.
Su questo sfondo di lotte di resistenza contro le numerose incursioni dei turchi ottomani nei territori della Bulgaria e della Transilvania, si uniscono tutta una serie di principi della regione. Tra questi vi era anche il sovrano della Valacchia Vlad III, poi in seguito conosciuto come Vlad Dracul. Fu padre di quel ben più famoso principe di Transilvania che grazie all’opera di Bram Stoker venne conosciuto come Dracula. In origine, il principe figlio di Vlad III era noto come Vlad Tepes e il nome tepes è una parola turca per “Impalatore”. Così, infatti, i turchi lo chiamavano per la sua crudeltà nel trattare i prigionieri che venivano catturati in battaglia. Questi venivano impalati vivi e Vlad Tepes banchettava in mezzo a loro mentre agonizzavano bagnando il suo pasto con il loro sangue. Il nome Dracula con cui fu noto in seguito pare, invece, che gli derivi dal fatto che il padre apparteneva a l’Ordine del Dragone che il re d’Ungheria Sigismondo di Lussemburgo aveva fondato nel 1431 a Norimberga. Il nome tedesco di questo ordine era “Drachenordens”.
L’ordine aveva come modello un altro ordine cavalleresco, l’Ordine di San
Giorgio, l’uccisore di draghi. Il simbolo dell’ordine era un drago che formava
un cerchio arrotolando la coda intorno al collo. Sulla schiena del drago vi era
uno scudo con incisa la croce rossa di San Giorgio su sfondo argenteo. Su
questo simbolo il biografo delle casate dell’Ordine del Drago Nicholas de Vere, lui
stesso membro di una famiglia del dragone, fornisce nei suoi testi un’altra
interessante interpretazione. Secondo lui, il drago non aveva la coda legata al
collo e la croce rossa non era quella di San Giorgio, ma l’emblema originale
dei Rosa Croce. Infatti, l’emblema originale dei Rosa Croce era una croce rossa
all’interno di un cerchio.
La croce (chiamata rosi-crucis, qui da
intendere derivata dalle parole greco-romane rosi che significa “rugiada o acque” e crucis che
significa “coppa o calice”) stava a simboleggiare le acque che sgorgano dalla
coppa e cioè l’utero, sottolineando, come vedremo a breve, come la regalità
venisse conferita per via materna. La regalità era considerata ereditaria
unicamente per via matrilineare.
Questo punto della regalità conferita solo per via matrilineare mi spinge a trattare con più attenzione l’argomento dal momento che risulta fondamentale per le famiglie appartenenti a questa stirpe. Questa modalità di trasmissione del diritto di appartenenza ad un gruppo o ad un popolo è tipica anche di alcuni popoli, in primis quello ebraico. Nel caso delle famiglie del Dragone le notizie più interessanti ci giungono ancora una volta dal Principe Nicholas de Vere von Drakenberg (1957 – 2013). Nella sua opera afferma che l’ordine del Drago era imperniato in particolari rituali di sangue mestruale proveniente da vergini appartenenti esse stesse alle famiglie dragone. Sottolinea che questo sangue veniva bevuto “per scopi giovanili”, cioè per mantenere la giovinezza e il vigore tipico dei giovani. Il sangue, però, doveva provenire da una ragazza, consenziente, e appartenente alla stirpe del dragone. Nel caso in cui il sangue giungesse da una ragazza non appartenente ad una delle famiglie e per lo più, non consenziente il processo avrebbe persino avuto l’effetto opposto. Inoltre, aggiunge: “Se non si appartiene a questa stirpe non si possiede lo stesso cablaggio cerebrale complementare, ereditato geneticamente, e non sarà possibile usare le essenze di Drago della Principessa Drago che le dona. Se uno non ha le sinapsi di drago, il sangue di drago non effettuerà le connessioni. Non si possono ottenere queste essenze da qualsiasi donna.”
Da qui si comprende, dunque, la particolare attenzione della linea filogenetica derivante da donne come Melusina, le Morrighan celtiche e le sacerdotesse appartenenti al culto di Diana (divinità vergine per eccellenza), in seguito identificate come streghe (o vampiri) ricordate anche per i loro rituali con i bambini nati morti). Queste donne, come le loro antesignane sacre a Diana, svolgevano i loro rituali con la luna piena. Da qui, si capisce il legame tra la luna piena e il vampirismo e le storie di lupi mannari ben marcato nelle storie gotiche dell’Ottocento. Il motivo principale per cui la luna piena spingeva i lupi mannari a cercare il sangue di una preda e del perché suscitasse devozione da parte delle streghe era perché la luna piena era vista come la luna mestruale che segnalava il flusso imminente, il sangue delle vergini.
Secondo l’autore la melatonina era l’ormone primario estratto nei riti di sangue di Diana. La melatonina è quell’ormone che viene secreto dalla ghiandola pineale e che svolge un ruolo importantissimo nella regolazione del ciclo circadiano. Ma sembrerebbe che esso abbia un compito ben più importante nel corpo, cioè quello di permettere alla ghiandola pineale di fare il suo vero compito.
Per sapere cosa realmente queste famiglie cercassero da queste vergini è necessario approfondire l’argomento. Uno spunto ci giunge da un’intervista fatta da David Icke ad Arizona Wilder una sacerdotessa appartenente ad una delle famiglie del dragone. Nel documentario intitolato Rivelazioni di una Dea-Madre (Revelation of a Mother Goddess), l’ex-sacerdotessa rivela delle sevizie subite e dei rituali a cui ha dovuto partecipare fin dalla più tenera età, proprio a causa della sua appartenenza per via materna, ad una linea genealogica proveniente dall’Irlanda. Racconta nell’intervista che “tutto è iniziato con gli ariani, con la purezza del sangue, il sangue e quello mestruale hanno qualcosa di importante per diffondere questa razza che controlla il pianeta”.
Come si vede anche nell'intervista si parla di purezza di sangue di una genìa con caratteristiche ariane, in sostanza sono quelli che il De Vere chiama elfi. Vi è un Consiglio del Grande Druido o Ottagono guidato dalle tredici linee di sangue reali.
La Wilder aggiunge che loro: “Hanno bisogno di sangue perché non sono persone, prendono forma umana ma sono in realtà rettili. Il sangue li aiuta a mantenere la forma umana e a mantenere la salute mentale e a vivere in questo mondo perché non sono di questo mondo.”
Ricompaiono i rettili e dalle parole della sacerdotessa (che può essere vista come una ninfa dei miti, una melusina moderna) abbiamo conferma della loro natura. Poi continua: “Sì, il sangue contiene le secrezioni della ghiandola pituitaria e di quella pineale e contiene una droga molto potente che è quella che li aiuta a non impazzire.” Poi si scoprirà che nel sangue delle vittime traumatizzate è presente, oltre alla melatonina e alla neuro-melanina, una delle droghe più potenti che siano mai state descritte con caratteristiche simili al LSD (L’Acido Lisergico della Dietilamide) e che chi l’ha assunta afferma di aver visto in un caleidoscopio di forme geometriche rotanti gli alieni. Visioni che si accompagnano anche all'assunzione dell’ayhuasca e della mescalina. Questa molecola, descritta nei suoi scritti posteriori anche da David Icke, è un pigmento scuro, da qui il suo nome di l’Adrenocromo (quindi: “adrenalina colorata”).
La leggenda di Melusina invece continuò a vivere sia nella regione britannica che in quella francese. Qui nella stessa regione in cui avvennero i fatti di Lusignan è stata fondata nel 1881 da Marie de Lusignan l’Ordine cavalleresco di Mèlusina (Ordre Royal de Mélusine) che riunisce à Lusignan (Vienne, Francia) sotto la statua allegorica di Geoffroy la Grand Dent, uno dei figli di Melusina, cavalieri principi e conti e vari altri rappresentanti della nobiltà e persone di spicco della società europea. Tra queste figure è da sottolineare la figura del Conte Alexandre de Bothuri Bathory, ambasciatore plenipotenziario e tesoriere dell’Ordine. In una sua intervista rilasciata a Mark Amaru Pinkham (The Guardians of the Holy Grail) per la presentazione del suo romanzo storico “La Messie”. Alexandre Bathory ricorda la sua appartenenza
all'Ordine di Melusina e discute della sua famiglia d’origine, i Bathorys, antichi governanti della Transilvania. Traccia anche la sua genealogia fino alla lontana parente Erzsébet Bàthory, tristemente nota come la Contessa di sangue e prima serial killer riconosciuta dalla storia. Ricorda tra le altre cose anche l’appartenenza ad un altro ordine cavalleresco, quello dell’Ordine del Dragone. Appartiene inoltre, ai Cavalieri Templari di Lohengrin. La sua intervista risulta interessante non solo perché in essa rivela la sua appartenenza alle famiglie della antica nobiltà europea e alle quali di solito ci si riferisce come le famiglie del Dragone, ma per le sue affermazioni sulle capacità che tutti i veri appartenenti a queste famiglie posseggono. Il suo dono, in particolare, legato ad un modo diverso di vedere gli oggetti e gli eventi ad essi legato si unisce alla sua attività di Curatore e Mercante d’arte antica e religiosa. La capacità di conoscere la storia degli oggetti leggendo nella memoria degli oggetti stessi è nota con il nome di metagnomia (meta- “oltre” e -gnomia “conoscere”) o cryptestèsie. Tra gli oggetti che il Conte Bathory tratta vi sono anche delle reliquie tenute nascoste e le più interessanti sono la testa e il dito di Giovanni il Battista. Queste famiglie, tutte si identificano con l’appartenere all’Ordine del Drago. L’Ordine del Drago (o fraternitas Draconis) venne fondato intorno al 1408 dal re Sigismondo II di Ungheria che divenne poi anche Imperatore del Sacro Romano Impero, con l’intento di circondarsi di suoi fedeli disposti a contenere l’avanzata degli Ottomani in Europa dell’Est e combattere l’eresia hussita.
Su questo sfondo di lotte di resistenza contro le numerose incursioni dei turchi ottomani nei territori della Bulgaria e della Transilvania, si uniscono tutta una serie di principi della regione. Tra questi vi era anche il sovrano della Valacchia Vlad III, poi in seguito conosciuto come Vlad Dracul. Fu padre di quel ben più famoso principe di Transilvania che grazie all’opera di Bram Stoker venne conosciuto come Dracula. In origine, il principe figlio di Vlad III era noto come Vlad Tepes e il nome tepes è una parola turca per “Impalatore”. Così, infatti, i turchi lo chiamavano per la sua crudeltà nel trattare i prigionieri che venivano catturati in battaglia. Questi venivano impalati vivi e Vlad Tepes banchettava in mezzo a loro mentre agonizzavano bagnando il suo pasto con il loro sangue. Il nome Dracula con cui fu noto in seguito pare, invece, che gli derivi dal fatto che il padre apparteneva a l’Ordine del Dragone che il re d’Ungheria Sigismondo di Lussemburgo aveva fondato nel 1431 a Norimberga. Il nome tedesco di questo ordine era “Drachenordens”.
Sigillo dell'Ordine del Drago fondato da Sigismondo II d'Ungheria |
Rosi-crucis symbol |
Questo punto della regalità conferita solo per via matrilineare mi spinge a trattare con più attenzione l’argomento dal momento che risulta fondamentale per le famiglie appartenenti a questa stirpe. Questa modalità di trasmissione del diritto di appartenenza ad un gruppo o ad un popolo è tipica anche di alcuni popoli, in primis quello ebraico. Nel caso delle famiglie del Dragone le notizie più interessanti ci giungono ancora una volta dal Principe Nicholas de Vere von Drakenberg (1957 – 2013). Nella sua opera afferma che l’ordine del Drago era imperniato in particolari rituali di sangue mestruale proveniente da vergini appartenenti esse stesse alle famiglie dragone. Sottolinea che questo sangue veniva bevuto “per scopi giovanili”, cioè per mantenere la giovinezza e il vigore tipico dei giovani. Il sangue, però, doveva provenire da una ragazza, consenziente, e appartenente alla stirpe del dragone. Nel caso in cui il sangue giungesse da una ragazza non appartenente ad una delle famiglie e per lo più, non consenziente il processo avrebbe persino avuto l’effetto opposto. Inoltre, aggiunge: “Se non si appartiene a questa stirpe non si possiede lo stesso cablaggio cerebrale complementare, ereditato geneticamente, e non sarà possibile usare le essenze di Drago della Principessa Drago che le dona. Se uno non ha le sinapsi di drago, il sangue di drago non effettuerà le connessioni. Non si possono ottenere queste essenze da qualsiasi donna.”
Da qui si comprende, dunque, la particolare attenzione della linea filogenetica derivante da donne come Melusina, le Morrighan celtiche e le sacerdotesse appartenenti al culto di Diana (divinità vergine per eccellenza), in seguito identificate come streghe (o vampiri) ricordate anche per i loro rituali con i bambini nati morti). Queste donne, come le loro antesignane sacre a Diana, svolgevano i loro rituali con la luna piena. Da qui, si capisce il legame tra la luna piena e il vampirismo e le storie di lupi mannari ben marcato nelle storie gotiche dell’Ottocento. Il motivo principale per cui la luna piena spingeva i lupi mannari a cercare il sangue di una preda e del perché suscitasse devozione da parte delle streghe era perché la luna piena era vista come la luna mestruale che segnalava il flusso imminente, il sangue delle vergini.
Secondo l’autore la melatonina era l’ormone primario estratto nei riti di sangue di Diana. La melatonina è quell’ormone che viene secreto dalla ghiandola pineale e che svolge un ruolo importantissimo nella regolazione del ciclo circadiano. Ma sembrerebbe che esso abbia un compito ben più importante nel corpo, cioè quello di permettere alla ghiandola pineale di fare il suo vero compito.
Per sapere cosa realmente queste famiglie cercassero da queste vergini è necessario approfondire l’argomento. Uno spunto ci giunge da un’intervista fatta da David Icke ad Arizona Wilder una sacerdotessa appartenente ad una delle famiglie del dragone. Nel documentario intitolato Rivelazioni di una Dea-Madre (Revelation of a Mother Goddess), l’ex-sacerdotessa rivela delle sevizie subite e dei rituali a cui ha dovuto partecipare fin dalla più tenera età, proprio a causa della sua appartenenza per via materna, ad una linea genealogica proveniente dall’Irlanda. Racconta nell’intervista che “tutto è iniziato con gli ariani, con la purezza del sangue, il sangue e quello mestruale hanno qualcosa di importante per diffondere questa razza che controlla il pianeta”.
Come si vede anche nell'intervista si parla di purezza di sangue di una genìa con caratteristiche ariane, in sostanza sono quelli che il De Vere chiama elfi. Vi è un Consiglio del Grande Druido o Ottagono guidato dalle tredici linee di sangue reali.
La Wilder aggiunge che loro: “Hanno bisogno di sangue perché non sono persone, prendono forma umana ma sono in realtà rettili. Il sangue li aiuta a mantenere la forma umana e a mantenere la salute mentale e a vivere in questo mondo perché non sono di questo mondo.”
Ricompaiono i rettili e dalle parole della sacerdotessa (che può essere vista come una ninfa dei miti, una melusina moderna) abbiamo conferma della loro natura. Poi continua: “Sì, il sangue contiene le secrezioni della ghiandola pituitaria e di quella pineale e contiene una droga molto potente che è quella che li aiuta a non impazzire.” Poi si scoprirà che nel sangue delle vittime traumatizzate è presente, oltre alla melatonina e alla neuro-melanina, una delle droghe più potenti che siano mai state descritte con caratteristiche simili al LSD (L’Acido Lisergico della Dietilamide) e che chi l’ha assunta afferma di aver visto in un caleidoscopio di forme geometriche rotanti gli alieni. Visioni che si accompagnano anche all'assunzione dell’ayhuasca e della mescalina. Questa molecola, descritta nei suoi scritti posteriori anche da David Icke, è un pigmento scuro, da qui il suo nome di l’Adrenocromo (quindi: “adrenalina colorata”).
Adrenocromo (Melo-Adrenalina) |
Secondo il medico psichiatra e ricercatore Abram Hoffer (1957) l’adrenocromo è presente naturalmente nel sangue umano. La sua instabilità in soluzioni acquose e la facile degradazione in presenza dei più comuni solventi usati in laboratorio unita alle sue basse concentrazioni presenti nel sangue ha portato altri studiosi (Szara et al. 1958) a dubitare della sua presenza nel sangue.
Comunque, pare da studi successivi che la sua potenza d’azione sia così grande che n’è necessaria una quantità bassissima. Si ipotizza che l’adrenocromo giochi un ruolo nello sviluppo della schizofrenia negli adulti, portando anche ad allucinazioni, disordini del pensiero, a ipermania ed euforia. A livello periferico provoca, invece, spasmi coronarici, aritmie e disfunzioni ventricolari.
Da questi sintomi ed effetti sull'uomo è evidente che questa molecola in alte concentrazioni sia dannosa sia per la salute mentale che cardiaca degli umani, ma pare che altre razze presenti tra noi o i loro ibridi ne siano avidi e ne siano in perenne ricerca per permettere loro di vivere in questa realtà. In un lavoro successivo, sempre Abram Hoffer ha mostrato la sua presenza non solo nel sangue umano ma anche in quello animale. Prima di passare agli argomenti conclusivi, è però necessario tornare all'Ordine del Drago e alla descrizione peculiare del suo abbigliamento e parlare di alcuni membri. I ventitré membri originari dell’Ordine del Drago dovevano indossare abiti neri il venerdì – il giorno governato da Venere. L’abito nero è sempre stato un segno distintivo sia degli antichi sacerdoti a Moloch come pure dei preti e gesuiti e dei togati odierni. Ai ventitré membri e a Sigismondo si aggiunse anche la seconda moglie dell’imperatore, Barbara di Cilli. Barbara era una vampira istruita da Ibrahim Eleazar, la custode della Magia Sacra di Abramelin il Mago, e fu l’ispiratrice della bellissima contessa Carmilla Karnstein nel romanzo di Le Fanus con lo stesso nome.
De Vere aggiunge che lo stesso
imperatore Sigismondo, alterò in modo flagrante la sua genealogia per poter
reclamare una discendenza fraudolenta dalla dinastia dei draghi che Melusina
aveva generato. Ed è su questa discendenza che Sigismondo rivendicò il diritto
di fondare la Societas
Draconis come una linea di sangue di
continuazione di quella antica precristiana del British Elven Institution.
Nel 1408,
quindi Sigismondo reclutò i membri da un certo numero di nobili di diverse case
reali di tutta Europa. Gli storici hanno notato che i membri delle casate che
si unirono all’Ordine del Drago non erano particolarmente noti per la loro
ortodossia religiosa, inclusa la Casa di Vere in Inghilterra. Oggi, la Corte
dei draghi imperiali e reale esiste come una fraternità chiusa che fa risalire
la sua origine alle antiche famiglie precristiane degli Elfi, del Graal e dei
draghi attraverso gli Angiò. Queste casate basavano la loro regalità in modo
completamente diverso. Il regno era fondato sull’ideale che tutte le persone
fossero aderenti alla terra e la terra conferisse la sovranità al primo popolo
nato da essa, ossia le tribù
elfiche.
Questi erano rappresentati da una
regina dei draghi e lei autorizzava il re del Graal, che
senza di lei non poteva essere re.
Chi fossero questi popoli originari non si sa con certezza, i racconti e le leggende li descrivono come esseri eterei per la loro alta statura il colore fulvo dei capelli e il pallore intenso della loro pelle. Caratteristiche d’altronde sono e, prima, lo erano anche più, tipiche delle più antiche case reali. Basti pensare che gli stessi appartenenti alle dinastie reali dell’Egitto venivano rappresentati con i capelli rossi o ramati e la pelle pallida. E, in Egitto, secondo molti, tra cui lo stesso De Vere, nasce la Corte del dragone con il patrocinio del prete principe Ankhfn Khonsu nel 2170 a.C. circa. Successivamente, fu istituita in modo più formale come istituzione faraonica dalla regina della dodicesima dinastia Sobekh Nefru (c.1785 a.C.)
Chi fossero questi popoli originari non si sa con certezza, i racconti e le leggende li descrivono come esseri eterei per la loro alta statura il colore fulvo dei capelli e il pallore intenso della loro pelle. Caratteristiche d’altronde sono e, prima, lo erano anche più, tipiche delle più antiche case reali. Basti pensare che gli stessi appartenenti alle dinastie reali dell’Egitto venivano rappresentati con i capelli rossi o ramati e la pelle pallida. E, in Egitto, secondo molti, tra cui lo stesso De Vere, nasce la Corte del dragone con il patrocinio del prete principe Ankhfn Khonsu nel 2170 a.C. circa. Successivamente, fu istituita in modo più formale come istituzione faraonica dalla regina della dodicesima dinastia Sobekh Nefru (c.1785 a.C.)
Queste dinastie faraoniche furono
per molti reali europei opera di vanto ed
orgoglio da inserire nei loro alberi dinastici.
Ci si potrebbe chiedere come fosse possibile che delle genti appartenenti all’Egitto avessero quelle caratteristiche tipiche della regalità europea e cioè la carnagione diafana e i capelli fulvo-ramati. Se si leggono con attenzione gli studi antropologici e le rappresentazioni visive dei reali egizi e delle loro consorti notiamo subito una cosa molto interessante, cioè questi personaggi avevano soprattutto caratteri antropologici caucasoidi. Così Murry Hope nel suo libro “Il Segreto di Sirio” (The Sirius Connection) riporta che le analisi del sangue eseguite sui reali della XVII dinastia egizia per intenderci quella di Amenofi III e Tutankhamon mettono in evidenza che tutte quante appartengono al gruppo sanguigno A. Mettendo a confronto questo dato con quello proveniente dalle analisi dei resti riesumati con la popolazione egizia si osserva che ancor oggi la tipologia di gruppo sanguigno più diffuso è il gruppo 0. Il fatto è alquanto insolito. Ma se si uniscono queste osservazioni con il fatto che intorno a quel periodo l’Egitto fu invaso dagli Hyksos (cioè “i capi di un paese straniero”) e che questi popoli stranieri fossero quei popoli che spinti dalle varie migrazioni provenienti da nord siano giunti dall'Europa meridionale e dall'Anatolia fino in questa regione, iniettando i loro geni nelle casate reali successive. Non siamo così lontani dal vero nel considerare questi popoli appartenenti a quei ceppi genetici a cui appartenevano gli Sciti e i Cimmeri e che abbiamo già visto in questo nostro studio.
Il professor Carleton Stevens Coon, di Harvard, nel suo libro “The races of Europe” ci informa per esempio che anticamente tutti i più importanti funzionari di stato, i cortigiani e i sacerdoti, che costituivano la casta superiore della società egizia, possedevano crani caucasoidi.
Ci si potrebbe chiedere come fosse possibile che delle genti appartenenti all’Egitto avessero quelle caratteristiche tipiche della regalità europea e cioè la carnagione diafana e i capelli fulvo-ramati. Se si leggono con attenzione gli studi antropologici e le rappresentazioni visive dei reali egizi e delle loro consorti notiamo subito una cosa molto interessante, cioè questi personaggi avevano soprattutto caratteri antropologici caucasoidi. Così Murry Hope nel suo libro “Il Segreto di Sirio” (The Sirius Connection) riporta che le analisi del sangue eseguite sui reali della XVII dinastia egizia per intenderci quella di Amenofi III e Tutankhamon mettono in evidenza che tutte quante appartengono al gruppo sanguigno A. Mettendo a confronto questo dato con quello proveniente dalle analisi dei resti riesumati con la popolazione egizia si osserva che ancor oggi la tipologia di gruppo sanguigno più diffuso è il gruppo 0. Il fatto è alquanto insolito. Ma se si uniscono queste osservazioni con il fatto che intorno a quel periodo l’Egitto fu invaso dagli Hyksos (cioè “i capi di un paese straniero”) e che questi popoli stranieri fossero quei popoli che spinti dalle varie migrazioni provenienti da nord siano giunti dall'Europa meridionale e dall'Anatolia fino in questa regione, iniettando i loro geni nelle casate reali successive. Non siamo così lontani dal vero nel considerare questi popoli appartenenti a quei ceppi genetici a cui appartenevano gli Sciti e i Cimmeri e che abbiamo già visto in questo nostro studio.
Il professor Carleton Stevens Coon, di Harvard, nel suo libro “The races of Europe” ci informa per esempio che anticamente tutti i più importanti funzionari di stato, i cortigiani e i sacerdoti, che costituivano la casta superiore della società egizia, possedevano crani caucasoidi.
La regina Hetepheres II in un dipinto
sul muro della tomba della regina Meresankh II |
In questo ambiente, il diritto alla regalità emanava dalla donna, poiché la stessa Madre Terra era considerata femmina. Un dipinto nella tomba di Amenhotep III riproduce il faraone con i capelli rossi. Se aggiungiamo a questo che abbiamo appena detto anche l’osservazione che l’élite dell’antico Egitto era composta dai faraoni e dai sacerdoti che concepivano i propri figli quasi esclusivamente all'interno dei propri clan di appartenenza dimostrando una particolare attenzione per la “purezza del sangue”. E a tutto questo aggiungiamo che nel Canone Regio conservato nel museo egizio di Torino si afferma che la loro stirpe corrispondente con la casta dominante proveniva dai Shemsuhor, ossia “i compagni di Horus”. E visto che Horus era una divinità possiamo pensare che si ritenessero figli degli dèi del cielo.
Dunque, i popoli antichi
sapevano bene da dove venivano questi primi governanti antichi. Come pure
conoscevano bene le loro peculiari caratteristiche anatomiche che li
distinguevano dagli altri membri del popolo. Conoscenza che loro sintetizzavano
definendo costoro come i Dracones. E per comprendere cosa volessero intendere con
questo termine dobbiamo analizzarlo con attenzione.
L'etimologia della parola "Drakones” (Dragone) ci giunge attraverso il latino che a sua volta è derivata dal Greco, anche se pare che la parola e la sua definizione siano probabilmente molto più vecchie. La parola in greco per identificarli è drakon, come in edrakon, un aoristo del verbo Derkesthai, “d¤rkestai” che significa "vedere chiaramente".
Abbiamo già avuto modo di sottolineare che una loro caratteristica era il loro tipico modo di vedere, un diverso modo di vedere, un vedere che li rendeva particolari e peculiari. Diversità che gli derivava dalla loro “acuta vista”.
Anche l’altro termine greco usato per descrivere i serpenti ophis deriva dalla radice op (= ok- da cui deriva “occhio”) che ha lo stesso significato di “vedere”.
Ma qui si tratta ben più del solito vedere a cui possiamo riferirci. È un vedere con attenzione, a cui si pone tanta attenzione. Così, anche Omero usa la parola d¤rkestai (guardare) non tanto con il senso di intendere la funzione dell’occhio cioè il vedere, ma quanto nel senso del lampeggiare dello sguardo così come è percepito da una altra persona. È un verbo che, quindi, dà un’immagine ben precisa di un particolare modo di guardare. Anche l’aquila ha il suo modo di guardare ôzætaton d¤rkestai cioè “guarda con occhio penetrante” ma anche in questo caso non ci si riferisce al vedere comune ma al guardare acutamente e cioè “fissare qualcosa con sguardo acuto”, l’occhio è, dunque, visto come emanare raggi penetranti come i raggi del sole, ed Omero chiama acuto perché attraversano ogni cosa come una spada affilata. Il tedesco possiede un termine apposito per aiutarci a capire. La parola blicken che originariamente significava “irradiare” ha dato origine ad un altro termine e cioè a blitz che significa “lampo”.
L'etimologia della parola "Drakones” (Dragone) ci giunge attraverso il latino che a sua volta è derivata dal Greco, anche se pare che la parola e la sua definizione siano probabilmente molto più vecchie. La parola in greco per identificarli è drakon, come in edrakon, un aoristo del verbo Derkesthai, “d¤rkestai” che significa "vedere chiaramente".
Abbiamo già avuto modo di sottolineare che una loro caratteristica era il loro tipico modo di vedere, un diverso modo di vedere, un vedere che li rendeva particolari e peculiari. Diversità che gli derivava dalla loro “acuta vista”.
Anche l’altro termine greco usato per descrivere i serpenti ophis deriva dalla radice op (= ok- da cui deriva “occhio”) che ha lo stesso significato di “vedere”.
Ma qui si tratta ben più del solito vedere a cui possiamo riferirci. È un vedere con attenzione, a cui si pone tanta attenzione. Così, anche Omero usa la parola d¤rkestai (guardare) non tanto con il senso di intendere la funzione dell’occhio cioè il vedere, ma quanto nel senso del lampeggiare dello sguardo così come è percepito da una altra persona. È un verbo che, quindi, dà un’immagine ben precisa di un particolare modo di guardare. Anche l’aquila ha il suo modo di guardare ôzætaton d¤rkestai cioè “guarda con occhio penetrante” ma anche in questo caso non ci si riferisce al vedere comune ma al guardare acutamente e cioè “fissare qualcosa con sguardo acuto”, l’occhio è, dunque, visto come emanare raggi penetranti come i raggi del sole, ed Omero chiama acuto perché attraversano ogni cosa come una spada affilata. Il tedesco possiede un termine apposito per aiutarci a capire. La parola blicken che originariamente significava “irradiare” ha dato origine ad un altro termine e cioè a blitz che significa “lampo”.
Dunque, un raggio veloce come un lampo che permette ai
possessori di questa particolare vista di vedere istantaneamente il tutto, ma
un vedere che non si limita a vedere solo l’oggetto di per sé ma che permette
di sapere dove si trovava prima e perché era stato spostato lì. Un po' come un
buon ispettore di polizia di un buon romanzo giallo che vedendo la disposizione
degli oggetti sul luogo di un crimine capisce al volo la dinamica
dell’accaduto. Infatti, il verbo d¤rkestai viene
usato anche con l’oggetto esterno e allora al tempo presente significa “il suo
sguardo si posa su un oggetto” e con l’aoristo “il suo sguardo cade su qualcosa” “è diretto verso qualcosa”, “egli getta a qualcuno uno sguardo”.
Questo modo di vedere ci ricorda quanto detto nella sua
intervista Alexander Bathori Bathorys, che riusciva a vedere nell'antico
oggetto o in una reliquia tutta la sua storia sia presente che passata. Quindi
un vero e proprio modo diverso di vedere.
È possibile, dunque, ipotizzare che questa peculiare
caratteristica si accompagnasse nelle prime forme ibride della stirpe reale
anche ad un aspetto fisico evidente. Ricordiamo il primo mitico imperatore
cinese Fu-Xi dotato di quattro occhi.
Un carattere anatomico che aveva impressionato tantissimo i
suoi contemporanei che lo hanno tramandato fino a noi. La domanda che giunge
quasi istantanea e che ci spinge a dare per possibile che questo tratto
tramandatoci fosse in realtà dovuto ad una vera e propria presenza di una
“doppia iride” per occhio?
Un fenomeno tutt'altro che scomparso e che ogni tanto compare
come fenomeno patologico che in medicina
è chiamato Pupula
Duplex o Policoria.
Un’anomalia
congenita dell’occhio caratterizzata da più orifizi pupillari. Sebbene
attualmente si tratti di una condizione medica molto rara non è detto che in
passato non fosse molto più frequente. Diversi scritti antichi ce ne danno
testimonianza. Solino ci parla di alcune
donne chiamate Bithiae con doppia pupilla
che abitavano in Sardegna. Solino ci dà una altra informazione interessante per
il nostro studio e cioè che le Bithiae si trovassero anche nella Scizia una di
quelle regioni che come abbiamo già avuto modo di ricordare è un nucleo da cui
ha avuto la genesi la stirpe dei Dragoni. Lui afferma che: “nella Scizia vi nascono donne che sono chiamate
bithiae; queste hanno negli occhi pupille doppie e annientano con lo sguardo
chi per avventura guardassero irate. Queste
si trovano anche in Sardegna”.
A. Immagine pre operativa occhio dx. B. Immagine pre-operativa dell'occhio sx. |
Policoria congenitalis |
Le Bithiae della Sardegna sembra fossero
antiche sacerdotesse della dea Madre o Tanit e operassero nei loro riti di
guarigione inducendo un sonno profondo ai malati che andavano da loro per
guarire. Venivano sottoposti ad un sonno taumaturgico all’interno degli edifici
nuragici della Sardegna. Questa pratica era nota agli antichi con il nome di incubazione. Il nome sembra di origine punica ma
non è da escludere che fosse un nome ben più antico e molto più diffuso
appartenente ad una prima ancestrale lingua comune.
Anche Plauto descrivendo Dipsas un personaggio di una sua opera parla della sua duplice pupilla che brilla ed emana luce (pupula duplex / fulminat gemino lumen ab orbe micat) alla cui base forse sta l’antica credenza ottica che fin dall’opera omerica, come abbiamo visto, interpreta l’occhio come fonte luminosa e il processo visivo come irraggiamento di luce. Questa modalità non ha nulla a che vedere con il processo visivo e il vedere gli oggetti. La teoria venne concepita da Euclide e poi ripresa da Galeno e Claudio Tolomeo, ma sembra invece legata più alla concezione di Democrito che poggia sulle antiche conoscenze che l’occhio sia capace di emanare dei raggi, gli eidola (¦idola) attraverso lo sguardo. Questa visione si è poi popolarizzata nella credenza che alcune persone invidiose fossero capaci di mandare il malocchio in cui l’occhio è visto come uno strumento attivo capace di agire sulla realtà, in particolari momenti come il malocchio e il processo di innamoramento.
Anche Plauto descrivendo Dipsas un personaggio di una sua opera parla della sua duplice pupilla che brilla ed emana luce (pupula duplex / fulminat gemino lumen ab orbe micat) alla cui base forse sta l’antica credenza ottica che fin dall’opera omerica, come abbiamo visto, interpreta l’occhio come fonte luminosa e il processo visivo come irraggiamento di luce. Questa modalità non ha nulla a che vedere con il processo visivo e il vedere gli oggetti. La teoria venne concepita da Euclide e poi ripresa da Galeno e Claudio Tolomeo, ma sembra invece legata più alla concezione di Democrito che poggia sulle antiche conoscenze che l’occhio sia capace di emanare dei raggi, gli eidola (¦idola) attraverso lo sguardo. Questa visione si è poi popolarizzata nella credenza che alcune persone invidiose fossero capaci di mandare il malocchio in cui l’occhio è visto come uno strumento attivo capace di agire sulla realtà, in particolari momenti come il malocchio e il processo di innamoramento.
Non si dovrebbe cadere nell'errore di pensare che questa
capacità fosse di tutti. Sembra che questa sia tipica di alcune persone
particolarmente “malvagie” forse con poteri a loro nascosti capaci di
modificare la realtà con lo sguardo. Un esempio ci viene dalla Gorgone Medusa, che aveva una chioma di serpenti al posto
dei capelli e un suo sguardo era capace di pietrificare tutti gli uomini. Ben
lo sapevano i compagni di Perseo, l’argivo, che vennero tutti pietrificati da
Medusa. Perseo riuscì con uno stratagemma ad ucciderla evitando di guardarla
direttamente negli occhi.
Dunque, tornando a noi un dragone o meglio un appartenente
alla famiglia dei Dragoni era colui che vedeva chiaramente, possedeva un
diverso modo di vedere e come sappiamo la chiarezza di visione conferisce conoscenza che è sempre stata associata con la saggezza, la quale essa stessa produce potere. La
stessa parola nobile che
indicava questa casta di regnanti deriva dal latino nobilis che è un nome con una radice originaria
greca gno (gno-) che significa “sapere”. Quindi i nobili
erano coloro che sapevano. Ma chi erano coloro da cui questi nobili sono
derivati e che condividevano i loro geni con coloro che gli concedettero questi
peculiari poteri. Una risposta ci giunge seguendo, ancora una volta, la parola d¤rkestai (guardare). Il guardare con attenzione è un atto tipico di
un guardiano. I primi Guardiani della razza
umana compaiono in un libro che fa parte del canone copto della chiesa
Abissina. Il libro, in questione, è il libro di
Enoch e in particolare la VI sezione
denominata Libro dei Vigilanti.
Enoch fu uno dei patriarchi pre-diluviani del popolo ebreo. Nel corso del IV
secolo fu ritenuto apocrifo dalla chiesa cattolica e scomparve letteralmente
dalle sacre scritture. Nel libro dei Vigilanti si parla di misteriosi esseri
celesti che giunti sulla terra ebbero vari rapporti con l’umanità primordiale.
Questi esseri erano duecento “angeli”, il cui capo era Semeyaza.
Il loro arrivo fu sul monte Hermon e una volta stanziatisi iniziarono ad avere
rapporti stretti con gli umani, accoppiandosi anche con le donne umane. Quelle
stesse “famose” figlie degli uomini che in Genesi capitolo 6, 2 la Bibbia
riporta in un succinto resoconto. Da queste unioni come ben sappiano nacquero
loro dei figli, quelli che furono chiamati giganti.
I Guardiani o Vigilanti, in ebraico “Irin”,
erano giunti con l’intento di mescolarsi con gli umani, bramando le donne della
progenie umana.
E Semjaza, che era il loro capo, disse: “Non temete, difatti io approvo questo atto, ed io solo dovrò pagare la sanzione di un così grande peccato. Allora essi risposero e dissero: “Facciamo tutti un giuramento, e obblighiamoci attraverso mutue maledizioni a non abbandonare questo progetto e a portarlo avanti.” Poi giurarono tutti insieme e si vincolarono con maledizioni reciproche. Erano in tutto duecento; essi discesero al tempo di Jared sulla vetta del Monte Hermon e lo chiamarono il Monte Hermon perché avevano giurato e si erano vincolati su di esso.”
E Semjaza, che era il loro capo, disse: “Non temete, difatti io approvo questo atto, ed io solo dovrò pagare la sanzione di un così grande peccato. Allora essi risposero e dissero: “Facciamo tutti un giuramento, e obblighiamoci attraverso mutue maledizioni a non abbandonare questo progetto e a portarlo avanti.” Poi giurarono tutti insieme e si vincolarono con maledizioni reciproche. Erano in tutto duecento; essi discesero al tempo di Jared sulla vetta del Monte Hermon e lo chiamarono il Monte Hermon perché avevano giurato e si erano vincolati su di esso.”
I 200 Guardiani dettero agli uomini, allora primitivi, tutto
ciò che era necessario per avviare quello che poi fu conosciuta come civiltà.
Azazel insegnò agli uomini a fabbricare le armi (spade coltelli scudi e
corazze) e alle donne braccialetti e monili e ornamenti vari e l’utilizzo di
piante ed erbe. Altri guardiani insegnarono anche la Magia e gli incantesimi.
Kobabel l’astronomia e il corso delle stelle e dei pianeti e il calendario.
Ma i Giganti, come lo stesso Beroso ci ricorda,
incominciarono a diventare molto pericolosi. Mangiavano tutto ciò che l’uomo
coltivava e dopo quando non ci fu più niente iniziarono a mangiare anche gli
uomini.
Altri angeli, sempre secondo il Libro di Enoch, erano rimasti
in cielo e riferirono dell’operato dei Guardiani o Osservatori sulla Terra al
loro re. Gli raccontarono di Azazel che rivelò delle cose nascoste del cielo e
della nascita dei Giganti. Il loro re mandò Uriele ad avvertire il figlio di
Enoch, Lamech (Noè) dell’imminente diluvio. Ci fu una guerra tra i Guardiani e
gli angeli fedeli al re. La battaglia avvenne in terra e in cielo. I Guardiani
furono sconfitti e imprigionati sottoterra.
Con il tempo queste storie si sbiadirono e i
guardiani si resero sempre meno evidenti diventando gli Osservatori. Infatti,
un guardiano non è altro che uno che osserva attentamente. Ciò che ci è rimasto
sono i pochi resti di ricordi e anche quei racconti che noi chiamiamo i
racconti degli antichi risultano essere abbastanza recenti rispetto a quegli
avvenimenti. I Guardiani scelsero la via dell’oblio, dell’ombra e preferirono
dei loro “protetti”. Inizialmente, non così umani e poi sempre meno diversi dall'uomo.
Ma fin dall'inizio negli antichi racconti non traspare mai incredulità o un
senso di stranezza nel fatto che loro, umani, erano così diversi dai loro
sovrani e dei.
Ma, come, dicevamo qualcosa ad un tratto cambiò. Questi esseri per metà rettile e per metà umani scomparvero. Furono costretti ad abbandonare il controllo scoperto e a manipolare il genere umano da dietro le quinte attraverso le stirpi che avevano assunto le sembianze umane. Ma quale fu questo evento catastrofico per gli dei? Quale poteva essere questo fenomeno che li spinse a nascondersi e ad optare per un controllo subdolo e remoto su di noi? Non fu una rivolta, non fu una guerra né una rinuncia. Fu un fenomeno che avvenne nei nostri cervelli, senza essere accompagnata dalla comparsa di una nuova area cerebrale. Si trattava della capacità di usare i sensi in modo più completo, attraverso l’unione di parti che un tempo erano divise, almeno da un punto di vista funzionale e non anatomico, e cioè il passaggio da una mente bicamerale alla nascita della coscienza. Questa della mente bicamerale è sicuramente una delle teorie più affascinanti della psicologia moderna, il suo promulgatore fu lo psicologo statunitense Julian Jaynes che nel suo testo fondamentale “Il crollo della Mente Bicamerale e la nascita della Coscienza”, afferma che un tempo il cervello umano era composto dai due emisferi separati nei compiti.
Ma, come, dicevamo qualcosa ad un tratto cambiò. Questi esseri per metà rettile e per metà umani scomparvero. Furono costretti ad abbandonare il controllo scoperto e a manipolare il genere umano da dietro le quinte attraverso le stirpi che avevano assunto le sembianze umane. Ma quale fu questo evento catastrofico per gli dei? Quale poteva essere questo fenomeno che li spinse a nascondersi e ad optare per un controllo subdolo e remoto su di noi? Non fu una rivolta, non fu una guerra né una rinuncia. Fu un fenomeno che avvenne nei nostri cervelli, senza essere accompagnata dalla comparsa di una nuova area cerebrale. Si trattava della capacità di usare i sensi in modo più completo, attraverso l’unione di parti che un tempo erano divise, almeno da un punto di vista funzionale e non anatomico, e cioè il passaggio da una mente bicamerale alla nascita della coscienza. Questa della mente bicamerale è sicuramente una delle teorie più affascinanti della psicologia moderna, il suo promulgatore fu lo psicologo statunitense Julian Jaynes che nel suo testo fondamentale “Il crollo della Mente Bicamerale e la nascita della Coscienza”, afferma che un tempo il cervello umano era composto dai due emisferi separati nei compiti.
I due emisferi si comportavano proprio
come due cervelli (due camere per l’appunto), uno che dava gli ordini e l’altro
che eseguiva. In questa teoria lo psicologo statunitense sostiene che i primi
egizi, gli assiri e i babilonesi e tutti gli altri popoli all'inizio della
civiltà umana avevano questo tipo di struttura mentale. Questi popoli
riuscivano nel compiere le loro imprese: la costruzione di città, monumenti e
opere d’arte, senza essere coscienti ma solo seguendo delle voci allucinatorie
che venivano interpretate come quelle degli dei. Jaynes per far capire la sua
teoria porta come esempio il comportamento degli schizofrenici. La
schizofrenia, infatti, non sarebbe altro che una vestigia dell’antica forma
della mente bicamerale che un tempo era universale. Gli schizofrenici sentono
le voci ed eseguono per filo e per segno quello che gli viene ordinato da
queste voci. Il cervello nei suoi emisferi presenta l’area del linguaggio
situata nell'emisfero destro e qui gestita da quella porzione di cellule che
formano l’area di Wernicke che presenta nella stessa posizione dell’emisfero
sinistro un’area gemella unita tramite la commissura
anteriore, ora silente, tant’è che se
rimossa chirurgicamente non succede nulla. Jaynes afferma che un tempo era
attiva e da qui provenivano quegli ordini allucinatori che controllavano la
vita delle persone nei tempi antichi. Ma poi qualcosa cambiò. Nacque la
coscienza umana.
La sua nascita avvenne in un modo inaspettato. Jaynes ipotizza che si sviluppò
tra le popolazioni delle steppe euroasiatiche tra il Mar Nero e il Mar Caspio.
Tra quei popoli dominatori del cavallo e che sapevano lavorare i metalli duri
come il ferro. Che regolamentavano il loro stile di vita tramite una cultura
patriarcale. Questi popoli che si possono identificare con gli Sciti e gli
antichi Cimmeri, sono quei popoli che la Marija
Gimbutas descrive nella sua teoria della
Madre che giunsero in più ondate a sostituire, anche violentemente, i popoli
preesistenti che vivevano seguendo una cultura di tipo matrilineare (cioè
l’appartenenza al clan era determinato dalla madre, un po' quello che succedeva
e succede tra il popolo ebraico in cui l’appartenenza all'etnia ebrea non è
data dal padre ma dal sangue della madre, una discendenza matrilineare basata
dal DNA mitocondriale potremo dire in termini genetici moderni). Ebbene, questi
popoli erano dotati di coscienza. Prima si diffusero in tutta Europa e poi nel
Medio Oriente sostituendo gli umani dotati di mente bicamerale con esseri
coscienti e con usanze diverse. Fin qui la Teoria di Jaynes. La mia ipotesi di
lavoro si spinge oltre. Dal momento che appare scontato per tutti quanti i
popoli del passato che l’origine dell’uomo era da accreditare agli dèi venuti
dal cielo. Questi dei crearono l’uomo grazie alle loro conoscenze.
Ricordiamoci, come sottolineato prima nell'articolo, furono loro a donare il
sapere e le conoscenze tecniche all'uomo per creare una civiltà. Quindi, erano
esseri che possedevano sicuramente una conoscenza superiore e nulla ci porta ad
escludere che ci abbiano creato in laboratorio partendo da un materiale
preesistente proprio di questo pianeta mischiando il loro materiale genetico.
Dovevano controllare questa nuova specie, questa umanità e il modo migliore era
di creare un’area nel cervello, che funzionava come recettore di voci.
Una
delle caratteristiche di questi esseri non terrestri è quella di porre il loro
volere nella mente degli altri, quella che alcuni descrivono come telepatia.
Dunque, questa area serviva come ricetrasmittente per governare forse anche con
l’uso di antenne quegli uomini. Ma avvenne qualcosa! E questo fu
un evento imprevisto che portò l’uomo ad ottenere la coscienza. Questo evento
ci è raccontato in Genesi 3. In questo passo biblico viene raccontata la
tentazione di Eva da parte di quella che viene chiamato l’astuto serpente.
Tralasciando i resoconti che vogliono interpretare questo passo come il
mangiare una mela e seguendo, invece, le interpretazioni di studiosi come Mauro Biglino descritte nelle
sue numerose opere, ci concentriamo sul fatto che in quel periodo storico in
Medio Oriente erano completamente assenti gli alberi di mele, e che per il
pensiero ebraico ogni volta che nella Genesi o nel resto dei libri della Bibbia
si parla di mangiare il frutto dell’albero si fa espresso riferimento ad avere
dei rapporti sessuali. Dunque, i primi uomini non si moltiplicavano per via
sessuale e solo dopo l’incontro con il Serpente ciò avvenne. Questo atto
conoscitivo il mangiare dal frutto dell’Albero al centro dell’Eden porta gli
uomini a “vedere” come gli elohim. Da qui la proibizione per gli umani
dell’Eden di “consumarlo”. Proibizione che portò al tentennamento di Eva,
quando il serpente gli offrì di mangiare dall'Albero della Conoscenza. Il
Serpente per convincerla e rassicurarla gli dice: “Non morirete affatto! Anzi, gli Elohim
sanno che quando voi mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e diventereste
come Dio, conoscendo il bene e il male.”
Sascha Schneider “Hypnose” |
Quindi, l’intervento del
Serpente, lui stesso un Elohim, ha portato un qualcosa di nuovo nel genere
umano. Da questo atto nacque, il primo figlio di Adamo ed Eva, Caino. Esso stesso un
semidio, come gli antichi eroi della Grecia, nato da un Elohim che era in
possesso della vista chiara un Darknei, un drago, un figlio del serpente.
Caino, era, dunque, in possesso
di una vista migliore, eppure una vista non conferita dagli occhi ma dalla
coscienza. Questa coscienza accompagnata dai turbamenti delle emozioni e dalle
incomprensibili, per lui, preferenze rivolte a suo fratello Abele da parte
degli Elohim dell’Eden e descritti in Genesi, lo portano a commettere un
omicidio. La ragione la possiamo leggere tra le righe del primo libro della
Bibbia. Gli Elohim sapevano chi fosse Caino. Sapevano chi fosse suo padre e sapevano che non era
della stirpe di Adamo. Queste incomprensioni spinsero, dunque, Caino a compiere
il primo fratricidio che ci è stato raccontato. Abele fu ucciso da Caino.
Caino non fu giustiziato e ucciso per il suo atto ma venne semplicemente maledetto e scacciato in esilio dall’Eden. La maledizione lo costringeva a vivere fuori dell’EDIN e nessuno lo poteva uccidere, pena di subire una vendetta moltiplicata per sette volte. Caino andò a vivere in esilio nel paese di Nod, ad Oriente di Eden. Caino non fondò il “paese di Nod” ma lo abitò. Da questo passo si può supporre che già esisteva un altro gruppo di umani e la sua sposa abitava quel paese ad Oriente.
Caino non fu giustiziato e ucciso per il suo atto ma venne semplicemente maledetto e scacciato in esilio dall’Eden. La maledizione lo costringeva a vivere fuori dell’EDIN e nessuno lo poteva uccidere, pena di subire una vendetta moltiplicata per sette volte. Caino andò a vivere in esilio nel paese di Nod, ad Oriente di Eden. Caino non fondò il “paese di Nod” ma lo abitò. Da questo passo si può supporre che già esisteva un altro gruppo di umani e la sua sposa abitava quel paese ad Oriente.
Albero genealogico di Caino. |
Ora poiché, le ricerche più recenti tendono a
porre l’Eden biblico a nord della Mezzaluna fertile nella regione ad ovest del
Mar Caspio, nei pressi del Lago Urmia e Van, situati in Armenia. A sud di monti
del Caucaso e della catena dell’Urartu. Qui sono anche localizzate le sorgenti
dei quattro fiumi biblici citati in Genesi (Gihon, Pison, Hiddekel ossia il
Tigri e Perath, l’attuale Eufrate). Questa è anche la sede originaria di quei
popoli che dalle steppe eurasiatiche si sono mosse per portare con i loro nuovi
geni un mondo nuovo, diverso patriarcale e di dominio. Un popolo guerriero che
conquistò il mondo Medio orientale ed Europeo. Da qui, giunsero, dunque,
secondo Jaynes gli antichi portatori di Coscienza, i dominatori a cavallo che
sostituirono le popolazioni preesistenti con la forza e la violenza diffondendo
il loro seme e la loro vista nei grembi delle donne conquistate.
Sempre nel lavoro di Mauro Biglino (Non c’è Creazione nella Bibbia) leggiamo che è in questa regione che si trova la località di Keruabad che vuol dire la “residenza dei Kheru”. Dal momento che il termine kheru indicava una tribù molto bellicosa, non siamo lontani dall’ipotizzare che i kheru siano i popoli delle steppe descritti da Jaynes. ( Mauro Biglino, "Non c'è creazione della Bibbia - La Genesi ci racconta un'altra storia", edito, come è usuale, da Uno Editori, nella collana "Il libero sentiero"; Uno Editori, Orbassano, prima edizione Novembre 2012. E David Rohl, "La Genesi aveva ragione", PIEMME, Casale Monferrato (AL), 2000. ).
Sempre nel lavoro di Mauro Biglino (Non c’è Creazione nella Bibbia) leggiamo che è in questa regione che si trova la località di Keruabad che vuol dire la “residenza dei Kheru”. Dal momento che il termine kheru indicava una tribù molto bellicosa, non siamo lontani dall’ipotizzare che i kheru siano i popoli delle steppe descritti da Jaynes. ( Mauro Biglino, "Non c'è creazione della Bibbia - La Genesi ci racconta un'altra storia", edito, come è usuale, da Uno Editori, nella collana "Il libero sentiero"; Uno Editori, Orbassano, prima edizione Novembre 2012. E David Rohl, "La Genesi aveva ragione", PIEMME, Casale Monferrato (AL), 2000. ).
Ne viene, dunque, logico pensare
che Caino sia, con tutta probabilità, il capostipite di questi popoli. Caino,
ci viene raccontato in Genesi, costruì la prima città ed ebbe molti figli tra
cui anche Enoch. Nella linea di discendenza di Caino vi fu anche Lamech
che ebbe per sposa due donne: Ada e Zilla. Da Zilla nacque Tubalkain, il primo
fabbro il forgiatore di metalli e il lavoratore del ferro in armi.
La stirpe di Adamo continuò con Seth. Da questa
linea genetica nacque la popolazione, sognata e voluta dal Dio descritto in
Genesi. Obbediente ai suoi ordini, perché dotata di quella porzione di cervello
capace di sentire la parola degli Dei.
Ma la storia dopo un iniziale sviluppo in parallelo alla fine portò ai figli del Drago di diffondere la loro vista, la coscienza, la consapevolezza del bene e del male. La capacità di avere di fronte agli avvenimenti uno sguardo diverso e cioè quello che Omero voleva descrivere usando il verbo derkestai (d¤rkestai), cioè “avere un determinato sguardo, un particolare sguardo”. Quindi, la parola derkestai indica in Omero non tanto la funzione dell’occhio e quindi la vista e il vedere le cose ma quanto il lampeggiare dello sguardo, percepito attento da un'altra persona.
Ma la storia dopo un iniziale sviluppo in parallelo alla fine portò ai figli del Drago di diffondere la loro vista, la coscienza, la consapevolezza del bene e del male. La capacità di avere di fronte agli avvenimenti uno sguardo diverso e cioè quello che Omero voleva descrivere usando il verbo derkestai (d¤rkestai), cioè “avere un determinato sguardo, un particolare sguardo”. Quindi, la parola derkestai indica in Omero non tanto la funzione dell’occhio e quindi la vista e il vedere le cose ma quanto il lampeggiare dello sguardo, percepito attento da un'altra persona.
Questa è la storia del vedere e di una parola
che contiene tanto sapere come nessuna altra parola moderna ha più.
Fine
Note
Oracolo di Delfi a
Cadmo
«Rifletti alle mie
parole, Cadmo, figlio di Agenore! Alzati di buon mattino e lascia la sede
dell'oracolo, vestito come di consueto ed armato soltanto di una lancia da
caccia. Prendi la via attraverso il paese dei Flegrei e della Focide fino a che
arrivi dal pastore dell'armento del mortale Pelagon. Quando ci sarai giunto,
scegli tra le vacche muggenti quella che ha su tutti e due i fianchi un disegno
bianco di luna piena. Prendila per tua guida sulla strada che dovrai
percorrere. Ti dò ancora una indicazione che non dovrai dimenticare: dove la
vacca si inginocchierà e poserà per la prima volta la testa cornuta sul
terreno, in quel punto dovrai sacrificarla alla terra immersa nell'oscurità.
Dopo averla sacrificata giustamente e puramente, fonda sulla collina più alta
una città dalle vie larghe e manda agli Inferi il terribile custode del dio
della guerra. Così nel futuro sarai famoso tra gli uomini ed avrai come moglie
una immortale, o fortunato Cadmo![4]»
Bibliografia
- Cronaca di Paro dal Marmor Parium
- Károly Kerényi- Gli dèi e gli eroi della Grecia- Il Saggiatore (2015)
- Esiodo, Teogonia
- Omero, Iliade
- Euripide, Baccanti
- Mauro Biglino, "Non c'è creazione della Bibbia - La Genesi ci racconta un'altra storia", edito, come è usuale, da Uno Editori, nella collana "Il libero sentiero"; Uno Editori, Orbassano, prima edizione Novembre 2012. E David Rohl, "La Genesi aveva ragione", PIEMME, Casale Monferrato (AL), 2000. ).
- Il libro dei Vigilanti in Libro di Enoch
- Julian Jaynes - Il crolo della mente bicamerale e l'origine della coscienza (Gli Adlphi)
- Sea-Lore of Old France: Melusine’s Magic and New World Cousins
- Alexandre de Bothuri Bathory, Hidden Relics of the Dragon Legacy
- Jean d'Arras - “Histoire de Lusignan” o “Roman de Mélusine” 1390
- The Spread of Indo-europeans
- Pupilloplasty in a patient with true polycoria: a case report
Arq.
Bras. Oftalmol. vol.79 no.6 São Paulo Nov./Dec. 2016
- David Icke Arizona Wilder Rivelazioni Di Una Dea Madre. (ITA) 1° Parte
- David Icke - Arizona Wilder Rivelazioni Di Una Dea Madre 2° Parte (https://www.youtube.com/watch?v=vQZzZWoYgE4)
- Adrenochrome in conspiracy Wiki - https://conspiracy.fandom.com/wiki/Adrenochrome
- R. W. Janssen (1967) Experimental evidence for the existence of an adrenochrome adrenolutin complex (https://jpharmsci.org/article/S0022-3549(15)35850-0/fulltext )
- Abram Hoffer (1958) The Presence of Adrenochrome in Blood
The American Journal of Psychiatry (https://doi.org/10.1176/ajp.116.7.664)
- ADRENOCHROME IN BLOOD PLASMA." American Journal of Psychiatry, 114(8), pp. 752–753 (http://sci-hub.tw/10.1176/ajp.114.8.752)
- Stephen Szara (1958) Is Adrenochrome present in the blood (http://sci-hub.tw/10.1176/ajp.115.2.162) https://ajp.psychiatryonline.org/doi/10.1176/ajp.115.2.162>
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